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venerdì 29 giugno 2012

Sospiri dei Toromeccanica, il nuovo videoclip







Un nuovo racconto amoroso dei Toromeccanica, nuovo singolo tratto da “Star System – Repack”. Dopo il successo de 'L'amore ai tempi della crisi', ecco "Sospiri". Un video in cui – raccontano i ragazzi –"si cerca di mettere a nudo la società contemporanea evidenziandone i cambiamenti e la caduta di alcuni valori come quello della famiglia e il matrimonio". Il videoclip porta la firma alla regia e direzione della fotografia di Fabio Perrone di Glamour Studio con il concept della Rusty Records e degli stessi Toromeccanica, ed è stato girato interamente tra la zona industriale di Cerano, nel Brindisino, la Chiesa delle Anime di Tuglie e la Tenuta Montirò di Santa Maria di Leuca

martedì 12 giugno 2012

Quando l'austera Inghilterra scoprì le gambe e il rock'n'roll




Se il libro avesse un indice analitico, il gioco sarebbe bell'e fatto. Sapremmo chi c'era (tutti, in senso mondano). Potremmo contarli, i magnifici protagonisti di quegli anni. Altro che fab four. Fab mille. Perché erano mille, e in ogni caso tanti, i personaggi che popolavano
la mitica Londra degli anni '60, anzi del 1966, vero anno di svolta, vera anticipazione sorridente e festaiola del più austero '68. L'anno quando tutto è cambiato - nel gaio e frivolo mondo delle mode e del costume mondano. E invece, il divertente e un po' maniacale Swinging City - Londra centro del mondo, autrice Valentina Agostinis, editore Feltrinelli, indici analitici non ne ha. E chi è avido di statistiche e di numeri può solo immaginare per approssimazione. Era dunque il 1966, e Michelangelo Antonioni, bello, elegante, nel pieno del successo, tra Deserto rosso già arrivato con strascico di eleganti polemiche e il di là da venire Zabriskie Point, era a Londra per preparare il suo film britannico Blow up. E Antonioni guarda, assorbe notizie, stili di vita, gossip, mentre la swinging London esplode. Era cominciata, secondo gli osservatori del costume, tre anni prima. Scriveva Peter Evans sul Daily Express: "La Swinging London molto probabilmente inizia alle 11,30 del mattino del 22 marzo 1963, quando John Profumo, segretario di stato, sale alla House of Commons per mentire sul suo rapporto con la modella Christine Keeler". La puritana e fredda Inghilterra avrebbe scoperto un'insospettata quantità di sesso e passioni in corso. E con lo
scandalo Profumo si apre l'allegra stagione di "sesso, droga e rock and roll" che, incrociata con l'invenzione delle minigonne, con la musica rock, le feste, il cinema ritrovato dai ragazzi del Free Cinema, trasformano Londra nella capitale mondiale dell'invenzione e del rinnovamento, e dell'Inghilterra che ha cacciato i Tories: la patria della giovinezza. Antonioni guarda. Incamera informazioni e notizie, e pensa al suo film. Per capire che cosa sta succedendo seguiamo le pagine del libro e i nomi che ci scorrono. Prima tra tutti Donyale Luna, la bellissima modella di colore. Poi i Beatles, la pop art, i Who, Michael Caine, Mark e Clare People, David Hemmings che recita Dylan Thomas, David Hockney e Peter Blake, lo stilista Ossie Davis, David Bailey con la sua bella moglie Catherine (Deneuve), Terence Donovan, Richard Lester, Mary Quant, Marianne Faithfull, François Truffat che ha appena finito di girare a Pinewood il suo Farenheit 451, mentre Kubrick sta girando 2001 Odissea nello spazio, Vanessa Redgrave che, mentre lavora con Antonioni, vince Cannes con Morgan matto da legare e mentre sugli schermi di Leicester Square si vedono Pierrot le Fou e Il dottor Zivago. Se questo vi sembra name dropping, beh è proprio vero. Ma solo perché, ovunque si colpisse, in quei luoghi e in quegli anni, si toccava qualcuno già arrivato o destinato alla celebrità di chi inventa, crea, produce novità. Valentina Agostinis, con lodevole solerzia, non perde una presenza, una tendenza, un nome. E, scivolando leggera sull'incontro tra Antonioni e Clare People, che di Antonioni sarà per qualche tempo la musa e compagna, mentre suo fratello Mark diventerà lo sceneggiatore di Professione: reporter, il libro segue passo a passo, con qualche parte molto documentata, lo sviluppo creativo di quello che prima è solo The Antonioni's Picture, poi diventa Blow up , infine scopre e ci rivela, attraverso gli occhi e le fotografie del personaggio interpretato da David Hemmings, che c'è qualcosa di nuovo, di assolutamente nuovo sotto il sole di Londra.

giovedì 24 maggio 2012

Favole rock dalla Sardegna dei Tazenda Esce «88», tradizione e progressive



Nel disco dodici tracce inedite, l’anima sarda e la curiosità meticcia, l’amore e il dolore. Una melodia antica e un suono internazionale

di Marco Mangiarotti




Sant’Antioco, 24 maggio 2012 - Nello studio vintage dell’isola nasce «Ottantotto» (Vida), ambizioso lavoro dei Tazenda. Forte senso identitario, anima etno-rock d’autore, grido potente. Quelli che tutti ricordano con Pierangelo Bertoli e Andrea Parodi a Sanremo. Ebbero un giusto e straordinario successo, poi Andrea andò per la sua strada, il gruppo continuò coerente la sua, popolare e pop. Andrea ritornò per una storica Reunion prima di lasciarci. Suo figlio Luca oggi si occupa di loro e il cerchio di amicizia e condivisione si chiude. Beppe Dettori (voce), Gigi Camedda (piano, tastiere moog, programming), Gino Martelli (chitarre, tastiere, programming), hanno chiamato in Sardegna anche Lele Melotti e Paolo Costa, che si aggiungono all’ottima band.

Tradizione e progressive, moog, honky piano e hammond, programmazioni e noise, convivono nel mondo complesso e contemporaneo di «Ottantotto», dodici tracce inedite, l’anima sarda e la curiosità meticcia, l’amore e il dolore. Una melodia antica e un suono internazionale. Li incontro a Sassari, che è il loro territorio (Beppe è di Stintino), il logudurese è la lingua dolce, il barbaricino quella dura (il sassarese la lingua buffa). «Veniamo da lontano, da Genesis e Beatles — racconta Gigi — e ritrovare al Vintage Studios la memoria di suoni meravigliosi ha scatenato la nostra libertà creativa».

Le canzoni sono piccole storie. «Bennennida» è il benvenuto alla vita, «Tre piccoli avvoltoi» invece la storia vera di tre piccoli geppi curati e liberati, ma avvelenati dai pastori (se crescevano potevano nutrirsi dei loro greggi). «È una ninna nnna che cerca di esorcizzare il male». «Perdera o Costera» parla dei dubbi della vita, «Ischidados» significa risvegliati e si occupa di spiritualità. Il nuovo e il cambiamento spuntano con «Sa luna noa», la luna nuova. «Mielacrime» è il singolo e dice “possano le mie lacrime amore amare ogni cosa”. L’alieno di «Vengo da un altro mondo» anticipa «88», che «parla di noi, di amici che ricordano le cose, le belle e le brutte» (Gino canta in inglese). «Trenos de iberno» è un viaggio sui treni d’inverno, «che vanno alla rovescia, come la vita». L’Ave Maria di Maria Carta si mescola a «Mamoiada», la straordinaria voce recitata di Matteo Belli porta a teatro «Il mostro e la libellula». «Traos» è tori. Tori infuriati. «Il sogno in cui abbracciamo anche Andrea». Davvero bello.

lunedì 21 maggio 2012

On the Road – Una valanga di nuove immagini


Manca poco alla presentazione della pellicola al Festival di Cannes ed ecco approdare in rete diverse, nuove immagini di On the Road, il film diretto da Walter Salles e tratto dall’omonimo romanzo di Jack Kerouac. E nel cast, come ben saprete, troviamo Kristen Stewart, Garrett Hedlund, Sam Riley, Tom Sturridge, Viggo Mortensen e Kirsten Dunst…
















giovedì 17 maggio 2012

MUSIC'ARTE / “ Un Ragazzo di Strada “ il beat dei CORVI nell’Italia del ’66





E’ stato appena ristampato in vinile pesante “ Un ragazzo di strada “ dei Corvi, uno dei masterpiece del beat italiano dei ’60, in 100 copie limitate, dalla On Sale Records di Bologna.



Sono schegge provenienti dal passato remoto del beat italico che ci colpiscono con sorprendente piacere, vuoi per un legame col passato che non si è mai spezzato o semplicemente perché il disco in questione che andiamo a presentare è senza dubbio uno dei vertici del beat italiano dei sessanta.

Si tratta dell’unico album pubblicato dai Corvi nel 1966 per i tipi dell’Ariston Records ora ristampato in vinile dalla On Sale Records di Bologna non più di Italo Gnocchi ma passata di mano a Denis Padovani, che segue, seppure con una scaletta ridotta di brani – ma fedele all’originale – la pubblicazione del CD che invece contiene altri brani come bonus tracks.



Il titolo dell’album è Un ragazzo di strada che strilla il loro brano più famoso, che altro non è che la cover fedele del brano dei Brogues o Chocolate Watch Band, I Ain’t No Miracle Worker come dire il mustdella psichedelica garage, sporca e selvaggia, che segnò in profondità un’epoca storica in quegli anni frenetici nell’America di metà sessanta.

La versione a 45 giri dei Corvi ebbe un successo clamoroso e pose in chiaro la figura prorompente del gruppo o complesso. Provenivano da Parma e si esibivano nei vari locali della zona sempre accompagnati dalla curiosa presenza di un vero corvo ( che si chiamava Alfredo come il nome del proprietario della loro casa discografica ) e che se ne stava appollaiato sulla spalla destra di Angelo Ravasini, il leader del gruppo, o sul manico del basso di Jimmy Italo Ferrari, durante tutta la durata del concerto. La presenza insolita del pennuto e alcuni fatti legati ad episodi di “ violenza “ ( notevolmente amplificati dalla stampa ) avvenuti durante qualche loro esibizione, contribuirono di molto ad elevare il nome del gruppo ai vertici della popolarità beat del belpaese, giudicati se non altro diversi dal resto degli altri gruppi per quel loro aspetto lugubre ( indossavano in scena lunghi mantelli neri per simulare l’aspetto corvino ), truce e vagamente psichedelico che si trascinavano dietro.

“ Esplosero “ letteralmente durante il Cantagiro del 1966, popolare gara canora itinerante in cui raggiunsero una improvvisa notorietà, appunto col brano Un ragazzo di strada e per quell’ approccio tutto sommato poco ortodosso tenuto in scena, che evidentemente colpì non poco la giuria popolare.

Dopo quel singolo incredibile i Corvi pubblicano altri brani “rubati“ alla scena garage psichedelica americana, secondo fra tutti Sospesa ad un filo, altro pezzo da novanta della storia di quel periodo, questa volta scippato al gruppo californiano The Electric Prunes ( titolo originale I Had Too Much To Dream ), splendida versione da brividi e fedelissima all’originale sin dalle iniziali note distorte della chitarra di Ravasini.



Anche questo micidiale singolo otterrà un ottimo successo, consolidando la popolarità del gruppo in seno ad una scena in quel tempo molto affollata di complessi beat, il cui vertice era occupato dall’Equipe 84 e dai Nomadi, entrambi impegnati a saccheggiare con regolare cupidigia tutto ciò che proveniva tanto dall’Inghilterra quanto dall’America. Non erano i soli ma la bravura di Maurizio Vandelli & Co era fuori discussione mentre i gruppo di Augusto Daolio si affrancò ben presto da quella pratica affidandosi in seguito come si sa al cantautore Francesco Guccini.

Nell’album anche una strana versione di Bang Bangdirettamente da Sonny & Cher e resa famosa in Italia dall’Equipe 84, I Colori ( Colours di Donovan ), Che strano effetto ( This Strange Effect dei Kinks ) mentre Datemi una lacrima per piangere, Luce, le mistiche Quando quell’uomo ritornerà e Si prega sempre quando è tardi sono tutti brani originali.

Occorre aggiungere che in questa ristampa in vinile, che ripropone fedelmente la stampa originale, non é presente il brano Sospesa ad un filo che all’epoca verrà pubblicato solo a 45 giri ( retro “ Luce“ ) ma che sarà aggiunto solo nella successiva ristampa del 1977.

Inutile dire che questo disco è destinato solo ai collezionisti incalliti e innamorati del profumo del vinile ( una curiosità : l’LP originale ha una ottima quotazione sul mercato delle rarità discografiche ) per tutti gli altri esiste la versione in compact disc, che tra l’altro contiene pure brani aggiunti tratti dai loro singoli di successo.

Luigi Ciavarella per
  http://www.sanmarcoinlamis.eu 

mercoledì 16 maggio 2012

NUOVO TRAILER E LOCANDINA DI ROCK OF AGES!





"Moonrise Kingdom" - la fuga amorosa di due adolescenti

"Moonrise Kingdom" ("Il Regno della Luna Levante") del quarantaquattrenne texano Wess Anderson, amante della Francia e dei film di François Truffaut e dal primo approdo a Cannes, è una pellicola godibile, un eccellente revival degli anni '60 sull’isola New Penzance per colori, immagini e soprattutto musica, ma freddino come sentimenti e scarso come humour.

Nella storia dei due adolescenti in fuga anche per amore, narrata con precisione, scrupolosità per i dettagli e buona caratterizzazione dei personaggi, due sono le scene che coinvolgono sul piano emotivo: il primo memorabile bacio in stile "french kiss", che si fa lirismo e poesia, grazie alla spiaggia deserta e alla melanconica "Le Temps de l’Amour" di Françoise Hardy, danzata con ritmo sbagliato dai due acerbi amanti, e l’intimo ed intenso colloquio tra Suzy Bishop (Kara Hayard) e sua madre, due donne a confronto per problemi di affetti che le separano e uniscono, rendendo difficile la loro convivenza.

"Wes Anderson", apprezzato e ammirato in "Fantastic Mr Fox", con questa nuova pellicola definisce sempre più il suo profilo di regista e autore di qualità, realizzando film che oscillano tra il cinema indipendente e blockbuster, pellicole di ricerca stilistica filmate in modo originale. Protagonisti di "Moonrise Kingdom", storia di una fuga amorosa di due adolescenti che vivono male perché non integrati nel proprio nucleo sociale e non amati abbastanza, sono il dodicenne boy scout Sam (Jared Jilman) e la tredicenne Suzy (Kara Hayward) attori esordienti, sostenuti da un validissimo cast di nomi affermati: da Bruce Willis (Capitan Sharp), nell’indovinato ruolo del capo della Police Island, al dinoccolato Edward Norton, capo, non all’altezza, di un manipolo di scout, a Bill Murray (Mr Bishop) nel ruolo di lunatico genitore della fuggitiva Suzy, a Frances Mc Dormann (Mrs Bishop) sbiadita madre di famiglia e amante per caso del Capitan Sharp, alla brava Tilda Swinton, autoritaria e acida, responsabile dei servizi sociali.

Il lungometraggio, che riesce a coniugare in modo egregio diversi generi, dal romantico all'avventuroso, al catastrofico, riesce a rivolgersi ad un pubblico vasto e variegato.

giovedì 26 gennaio 2012

Sempre più voglia di vintage la Peel ritorna al futuro

Dagli anni Sessanta a oggi, torna in produzione la Peel, l'auto più piccola del mondo mai circolata su strada

















martedì 17 gennaio 2012

AUTO: AL VIA IL 14 FEBBRAIO PRIMO CANALE TV SU DIGITALE TERRESTRE



(AGI) -
Roma, 17 gen. - Iniziano il giorno di San Valentino le trasmissioni di Auto Tv, il primo canale televisivo del digitale terrestre interamente dedicato al mondo dell’auto. La programmazione del nuovo canale h24 spazia dall’attualita’ al prodotto, dallo sport alle automobili d’epoca, dal tuning agli approfondimenti di economia, con oltre venti trasmissioni e studi live a Milano e Roma. Tra i titoli, Auto News, in quattro edizioni giornaliere, Classic Garage e Classic Time per gli appassionati dei veicoli storici, lo sport di Racing Time e Rally Time, le rubriche speciali di Focus Automobile e Second Hand per orientarsi nel mondo dell’usato. Ai vertici di Auto Tv, Carlo Braccini e Giorgio Bungaro, con una vasta esperienza nel settore dei canali tematici e tra i maggiori produttori di contenuti nel comparto automotive. Auto Tv, che nasce con l’obiettivo di diventare il punto di riferimento televisivo dell’intero settore, sara’ visibile in chiaro con una copertura nazionale di circa l’80% del territorio coperto dal digitale terrestre e un bacino attuale di oltre 30 milioni di utenti. Il canale sara’ disponibile anche sul web e saranno lanciate in contemporanea le principali applicazioni per il visionamento on line e on demand sulle principali piattaforme tecnologiche. (AGI)

giovedì 15 dicembre 2011

"Rock of Ages" releases first trailer


1965-1966 - La nascita del nuovo rock

Riccardo Bertoncelli (con C. Rizzi e F. Zanetti)
1965-1966 - La nascita del nuovo rock
(Giunti, 287 pagine, 19,50 €)



Ecco il prequel a "Sgt. Pepper - La vera storia" e a "1969", i due volumi precedenti che Riccardo Bertoncelli e Giunti hanno dedicato agli "anni d'oro del rock": con un impianto collaudato - cronologia sintetica, saggi dedicati ai principali protagonisti/eventi musicali del periodo, schede sui dischi più rappresentativi degli "altri" - e le garanzie offerte da una squadra rodatissima (Bertoncelli si avvale dei contributi specialistici del collaboratore storico Cesare Rizzi e del direttore di Rockol Franco Zanetti), "1965-1966" farà gola a chi ama le storie e la Storia del rock perché racconta di anni davvero speciali e gloriosi agli albori della rivoluzione culturale giovanile (cui viene scelto come preludio la profetica "A change is gonna come" di Sam Cooke). Tanto che nelle sue 287, forzatamente sintetiche pagine, gli autori devono fare miracoli per acchiappare per la coda i frenetici, tumultuosi avvenimenti di un periodo febbrile, agitato, dove un mese sembra un anno o più per come le cose mutano, cambiano forma, stile, linguaggio e significato.
Beatles e Dylan sono naturalmente al centro della scena, fotografati in un momento chiave delle rispettive parabole artistiche: il passaggio alla maturità per i Fab Four (dagli sbarazzini film avant-pop di Richard Lester ai formidabili "Rubber soul" e "Revolver"), l'abiura del folk di protesta in favore dell'elettrificazione e della poesia visionaria per il bardo di Duluth ("Bringing it all back home", "Highway 61 Revisited" e "Blonde on Blonde", Newport e la scomparsa dalle scene dopo l'incidente motociclistico). Il resto è un resoconto teso, a volte asciutto altre pittoresco, di intrepide avventure spesso avvolte nella leggenda, sulle due coste degli Stati Uniti e dall'altra parte dell'Atlantico. I Byrds e i Beach Boys, i primi semi dell'estate dell'amore a San Francisco e le prime geniali follie di Frank Zappa, i Velvet Underground pilotati da Andy Warhol e il radicalismo dei Fugs, gli Who e gli Stones. Ma anche il jazz rivoluzionario di John Coltrane, la cui "ferocia velocità precisione invenzione" ne fanno un eroe imprescindibile di quegli anni, e i dimenticati "one hit wonder" del garage rock americano, progenitori dei punk rockers anni Settanta.
I lettori più smaliziati e già addentro alle vicende rock apprezzeranno soprattutto le pagine dedicate alla provincia dell'impero, con i preziosi souvenir dall'unico tour italiano dei Beatles (peccato però il "misprint" ripetuto del nome dell'impresario Leo Wachter..), il Dylan tiepidamente accolto e un po' frainteso dalle riviste teen e dagli artisti nostrani e una bella appendice dedicata al beat, anzi bitt, italiano. E poi le minuzie (i segreti delle copertine di "Bringing it all back home" e del "banana album" dei Velvet, i dietro le quinte della famigerata "butcher cover" beatlesiana), le memorabilia (impagabili le locandine che presentano i Nomadi alternativamente come "i Beatles italiani" e "i Rolling Stones italiani") e il ripescaggio di storici contributi firmati Phil Ochs, Greil Marcus e Ralph J. Gleason, Richard Honigman e Richard Barnes (in diretta rispettivamente da un "acid test" a Frisco e da un concerto degli Who al Railway Hotel di Londra), Jerry Hopkins e Richard Goldstein (in occasione della prima apparizione newyorkese di Zappa con le Mothers of Invention).