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giovedì 7 aprile 2011

L’inverno del restauratore


Di Sudanesetea

La moda del Vintage. Tutti alla caccia negli armadi di nonne/i a prendere capi d’abbigliamento vecchi, nelle cantine le biciclette e moto e nelle soffitte valigie e libri. La moda del vecchio. Vengono chiamate così tutte le cose che vanno dagli anni ’90 indietro. Potrebbe essere una borsetta di cuoio di trent’anni fa.

Bene, quello che mi piace sono le Vespe. Penso che quei pezzi di metallo a motore, dai colori sgargianti, con cromature e bombature, siano un recipiente di emozioni e avventure. I nostri genitori o nonni chissà quanto si sono divertiti con la Vespa, facendo viaggi o solamente stando assieme agli amici a chiaccherare. Ovviamente la Vespa non ha un’anima, e dunque non può provare sentimenti, ma può ricordare. Uso questo termine, perché se in una caduta si fosse rovinata, quella botta rimane anche dopo anni, anche dopo averla portata dal carrozziere, come una cicatrice. Molti ragazzi e soprattutto ragazze (il che le rende ancora “più fighe”) cercano questi scooter (il vero termine, non quello di oggi che viene usato per indicare un pezzo di plastica monomarcia) nelle cantine dei parenti. Quando la portano da un restauratore, egli data la sua esperienza, mentre la smonta riesce a rivivere la storia di quella Vespa. Capisce le cadute, i posti che ha frequentato, i gusti del proprietario attraverso la carrozzeria e dagli accessori. Quando, dopo averla smontata fino all’ultimo dado, si ritrova davanti al telaio nudo, sporco, arrugginito, con botte e tagli, si sente proprio un padre, che deve vestire la sua bambina.

Ho intitolato il post così, perché Domenica ho visto per le strade veronesi così tante moto d’epoca, che la mia mente si è messa a giocare con le parole per fare questo articolo. Anch’io sono un restauratore amatoriale. Infatti un buon meccanico Vintage passa le sue vacanze invernali nella propria officina per rimettere in sesto quel pezzo arrugginito. Così, con la primavera e soprattutto l’estate, può godersi quel mezzo, con la luce del sole che scalda la propria bambina.

martedì 29 marzo 2011

DUE CUORI SOTTO UNA CAPOTTINA:Intervista a Samuele e al nonno Loris, proprietari di una fiammante Bianchina



Quando ero ragazzo il mondo era più piccolo: anche solo arrivare a Bologna era già considerato un viaggio lungo e difficile. Le auto erano minuscole e adatte solo a brevi tragitti”. A fare queste considerazioni è un verace romagnolo, Loris Cellini, che, insieme al nipote Samuele Purpura, condivide la passione per le auto d’epoca.
Nonno e nipote sono proprietari di una fiammante rossa, poco meno che quarantenne, in una splendida forma fisica: una  Bianchina, familiare, decapottabile, color aragosta, praticamente la station wagon di qualche decennio fa.
Il signor Loris ereditò questo gioiellino d’altri tempi da uno zio, con l’impegno di prendersene cura amorevolmente. La Bianchina, come tutte le auto di allora, ha caratteristiche molto diverse da quelle di oggi. Negli anni Settanta la tecnologia era infatti agli albori, i comfort, meglio non parlarne, perciò molte manovre per far funzionare un’auto erano manuali. Per la messa in moto, ad esempio, occorreva girare la chiave per stabilire i contatti, tirare una prima levetta per accendere e una seconda levetta per l’aria. Le frecce non si disinserivano automaticamente dopo aver effettuato la svolta, perciò si doveva provvedere a mano. Il tergicristallo era munito di pompetta lavavetri (sempre manuale). Impensabili anche optional come cinture di sicurezza, autoradio, alzacristalli elettrici o sedili regolabili. Ma la particolarità di questa vettura era il cambio: per passare da una marcia all’altra il guidatore doveva fare la ‘doppietta’, praticamente un gran lavoro di leve e pedali che a noi è sembrato complicatissimo.
La caratteristica peculiare di questa 500, che la rende un pezzo unico in tutta Italia, è però la guida all’inglese, espressamente voluta dal primo proprietario. “Mio zio – racconta il signor Cellini - ebbe un serio infortunio ad una mano e, non potendo usare la leva del cambio, chiese al concessionario di avere il volante a destra, come nelle macchine inglesi”.
In tutta la sua carriera questa Bianchina ha percorso meno di 100.000 chilometri: veniva usata per recarsi al lavoro - ma solo quando era brutto tempo - e per le gite domenicali in collina o al mare. Per il resto, si andava in bicicletta o a piedi.
Quali sono i requisiti che deve avere un’auto per essere considerata ‘d’epoca’?
Con tutta la pazienza che si deve avere con le donne quando si parla di motori, i nostri collezionisti hanno spiegato a noi ragazze che esistono tre categorie: le auto che hanno meno di 30 anni sono semplicemente “vecchie”, se hanno dai 30 ai 40 anni vengono chiamate “antiche”, mentre dopo i 50 anni si possono, finalmente, definire “automobili d’epoca”.
Prima ancora della 500, Samuele ha ereditato dal nonno la passione. Insieme partecipano agli autoraduni, con tutto l’entusiasmo che solo dei veri romagnoli possono esprimere. Si tratta di manifestazioni culturali, folcloristiche e di promozione turistica, oltre che un’occasione in più per stare insieme. “Solitamente, in questi ritrovi, si eseguono gimcane e piccole sfilate – spiega il signor Loris – e Samuele è un validissimo co-pilota”.
Il nostro Samuele, un domani, trasmetterà ai suoi figli auto e passione?
A questa domanda risponde senza pensarci nemmeno un secondo: “Sì, ne ho pienamente intenzione!”.
Ma quanto può valere oggi una 500 Bianchina immatricolata nel 1973 e con guida all’inglese?
A Samuele e a Loris hanno offerto dai 6 ai 9 mila euro, ma per loro nessuna cifra può valere quanto la loro amata 500, perché grazie a essa si è creato un legame di forte intesa, affetto e fiducia che va oltre il normale rapporto tra nonno e nipote.

Francesca Beltrami, Sara Longari, Siriana Tarroni
SCUOLA MEDIA RICCI-MURATORI - Ravenna