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venerdì 29 giugno 2012
Sospiri dei Toromeccanica, il nuovo videoclip
martedì 5 giugno 2012
“Freak beat” un road movie emiliano apre la stagione del Supercinema Estivo di Modena (Video)
Un furgoncino si aggira per la Pianura padana alla ricerca di una pregiata incisione dell’Equipe 84 con Jimi Hendrix, una sorta di “Santo Graal” della Musica Beat. A guidarlo Roberto “Freak” Antoni e sua figlia in un road movie che si svolge tra Modena, Reggio Emilia e Bologna. Questa l’atmosfera del film “Freak Beat” che aprirà la nuova stagione del Supercinema Estivo il 7 giugno alle 21.00. La serata sarà ad ingresso gratuito con raccolta fondi a favore delle popolazioni colpite dal sisma. Introdurranno il film Roberto “Freak” Antoni, Roberto Alperoli, assessore alla Cultura del Comune di Modena e Greta Barbolini, presidente dell’associazione Supercinema Estivo.
Freakbeat è il ‘film beat’ di Luca Pastore che Pulsemedia portato in concorso al 29° Torino Film Festival sezione ItalianaDoc. Una piccola storia paradossale e ‘fuori dal tempo’, sullo sfondo della realtà cinica e sterile dell’Italia di oggi, per raccontare la follia leggera e visionaria, l’estetica anticonvenzionale e il suono quasi leggendario di un’epoca magica nella musica e nel costume italiano, il beat. Freak Antoni, intellettuale eclettico, punk sui generis e vero figlio del beat, è il Virgilio, la voce narrante del viaggio. Maurizio Vandelli, i musicisti, i discografici e i gestori di locali beat, sono solo alcuni dei personaggi che la coppia incontrerà durante il cammino, accompagnati dalle note delle canzoni e dei videoclip dell’epoca, con immagini delle città e dei paesi dell’Emilia di oggi.
Il Supercinema Estivo è in via Carlo Sigonio, 386 a Modena. Gli orari delle proiezioni sono: a giugno le 21.45; a luglio le 21.30; ad agosto e settembre le 21.15. Durante le serate sarà possibile acquistare in anticipo i biglietti per quelle successive.
L’ingresso ha un costo di 5,50 euro (ridotto 3,50 euro per anziani, minori di 14 anni, soci Arci, Acli, Aics, Endas). L’abbonamento a 10 spettacoli a scelta ha un costo di 38 euro (ridotto 23 euro).
Ubicazione:
Modena MO, Italia
giovedì 31 maggio 2012
lunedì 21 maggio 2012
domenica 13 maggio 2012
Las Karne Murta, il nuovo video :)
I più attenti noteranno sul comodino la copia di un fumetto ;)
Grandiiii!!!!!!
Grandiiii!!!!!!
giovedì 10 novembre 2011
Riedito «Smile» dei Beach Boys
L'album del 1967 che cambiò tutto: strepitoso, e non solo per «Good vibrations»
Una versione completa del disco che segnò l'«età dell'oro» per il pop ed è tuttora un oggetto di culto
Le versioni in commercio di Smile sono diverse: si va dal doppio cd con le session al cofanetto quintuplo che comprende, oltre a due dischi in vinile e due 45 giri, ben 5 cd, il quinto dei quali mette in fila 25 diverse versioni di Good vibrations.
«Sto scrivendo una sinfonia per teenager, e la rivolgerò a Dio», disse Brian Wilson prima di entrare in studio allo scrittore/giornalista Jules Siegel che intitolò così il suo articolo del 1967: «Addio al surf, benvenuto a Dio», e che ora esce come ebook e come applicazione per iPhone e iPad. Quel servizio contribuì a creare l'aura di follia intorno a Brian, il beach boy capace di convocare in studio un'orchestra, lasciandola inoperosa nell'attesa di trovare la vibrazione positiva per poter incidere. Di momenti completamente fuori di testa, il primo cd del confanetto di Smile è pieno: dai brani a cappella, per sole voci, come Our Prayer e Gee, si passa a bizzarrie come Vega-Tables e Do you like worms (Roll Plymouth rock) e The elements, fire (Mrs. O'Leary's cow). Diversi brani sono apparsi in dischi di anni successivi e, con arrangiamenti diversi, sono ricomparsi nelle opere di Wilson solista. Ci sono i primi abbozzi di capolavori come Heroes and villains, Cabin essence, Surf's up e, ovvio, Good vibrations, di fronte ai quali si resta ancora a bocca aperta (e la definizione di «microsinfonie celestiali» ben si adatta a queste canzoni). Chi pensa possa esistere una sola Good vibrations dovrebbe ascoltare Wonderful. E la versione di Surf's up denominata «1967 solo version», per voce e piano elettrico, è da brividi, tra il miglior Elton John, Antony & the Johnsons e un angelo caduto dal cielo.
L'ambasciatore
Amo la Svizzera, gli Svizzeri e la loro professionalità :))))
venerdì 4 novembre 2011
giovedì 13 ottobre 2011
giovedì 25 agosto 2011
Sabato in piazza il concerto di Camerini
Sabato dalle 21 sul palco di piazza Garibaldi a Lecco, dopo il successo riscosso alla Prima Edizione con la partecipazione di Alberto Fortis, si terrà l’evento «Festa delle Note Mi SoL Studio 2011». La manifestazione è promossa da Sabrina Lavecchia e Luigi Di Serio, dallo Studio Musicale Mi SoL sito in Corso Martiri della Liberazione.
Alle 21 l’evento più atteso il Festival che vedrà la partecipazione straordinaria di Alberto Camerini, noto artista dalle sonorità in chiave punk dei primi anni ottanta, considerato l’arlecchino del rock italiano per la gestualità e il suo brano di maggior successo: Rock’n’Roll Robot.
lunedì 15 agosto 2011
lunedì 1 agosto 2011
Il Raduno Mondiale delle 2Cv a salbris ormai si e concluso, come saprete non ci sono andato, perdendomi un evento epocale..sic!!!
Per fortuna in questi giorni ho seguito il mondiale sul Forum del 2cv club Italia http://www.2cvclubitalia.com/public/smf/ che ringrazio per l'accoglienza nonostante io con la Bianchina sono effettivamente un "intruso".... un intruso appassionato anche di 2cv però!!! :)
Penso di aver anche reso un piccolo servizio al forum, ricercando su internet Video e foto del raduno in corso, credo con buoni risultati...nonostante ciò resta il rammarico per aver perso non per colpa mia una grande occasione.. SOBH!!!!
Il prossimo parrebbe svolgersi in Spagna nel 2013...Spagna.. distesa assolata...tanto caldoooooooooooo
Non vi tedio oltre e vi mostro il video di presentazione del prossimo raduno:
Per fortuna in questi giorni ho seguito il mondiale sul Forum del 2cv club Italia http://www.2cvclubitalia.com/public/smf/ che ringrazio per l'accoglienza nonostante io con la Bianchina sono effettivamente un "intruso".... un intruso appassionato anche di 2cv però!!! :)
Penso di aver anche reso un piccolo servizio al forum, ricercando su internet Video e foto del raduno in corso, credo con buoni risultati...nonostante ciò resta il rammarico per aver perso non per colpa mia una grande occasione.. SOBH!!!!
Il prossimo parrebbe svolgersi in Spagna nel 2013...Spagna.. distesa assolata...tanto caldoooooooooooo
Non vi tedio oltre e vi mostro il video di presentazione del prossimo raduno:
martedì 26 luglio 2011
Nizza: Le Minigonne, una band tutta al femminile per il "Barbera Music Party"
Il concerto, che coniuga musica e buon vino, si terrà venerdì prossimo, 29 luglio
Proseguono i venerdì musicali a Palazzo Crova con il programma intitolato “Barbera Music Party”. Venerdì prossimo, saliranno sul palco LeMinigonne, band tutta al femminile che propone Big Beat, Pop italiano, Rock classico e rende omaggio ad uno simboli degli anni sessanta.
Nella serata saranno proposti i vini di: Marco Bonfante, produttore di Nizza Monferrato e della Tenuta La Tenaglia di Serralunga di Crea.
Il format della serata, come le prececenti, prevede l'aperitivo dalle 18 alle 20; il concerto dalle 22 (dalle ore 21 ingresso libero ai giardini - prima consumazione euro 5). Sarà inoltre possibile cenare con menù alla carta su prenotazione (tel. 0141 793350).
La band de Le Mingonne nasce come idea verso il finire del 2007, in vista del festival alessandrino Primavera Beat Vol.2. Daniela Caschetto, bassista e violoncellista novese appassionata di musica beat anni Sessanta, su consiglio dell'organizzatore del festival Salvatore Coluccio, decide di formare una una band tutta al femminile.
Elisabetta Gagliardi, diplomata in pianoforte, nonché cantante poliedrica studentessa al Cpm di Milano, è stata subito la prima persona contattata. Alice Vigo, figlia d'arte e giovanissima chitarrista di Arquata Scrivia, è stata reclutata successivamente. Silvia Buzzoni, ultimo acquisto della band, batterista emiliana di grande grinta e professionalità, si è appassionata subito al progetto tanto da non demoralizzarsi per le due ore di macchina che la separano dalle altre, e, dopo l'esordio avvenuto il 29 marzo 2008, è entrata stabilmente nella formazione.
In due anni e mezzo di attività hanno già calcato palchi importanti, tra cuil’Estragon di Bologna e il Ferrara Music Park, sono state Open Act per I Giganti, hanno suonato al X Scooter Rally, manifestazione internazionaleall'Isola D'Elba, alla sesta edizione del Blu Bar a Francavilla al Mare (Ch), come finaliste al concorso “Band Prix ‘09” di Acqui Terme (Al) e ad alcune serate in Veneto.
Il repertorio è costituito da brani in origine inglesi ma tradotti in italiano, come usava negli anni Sessanta ed il nome della band, oltre a sottolineare il fatto che sono tutte ragazze, omaggia uno dei simboli degli anni sessanta: la celebre gonna inventata dall'inglese Mary Quant.
Info: tel. + 39 0141/793350 – fax + 39 0141/724683 info(at)enotecanizza.it
lunedì 25 luglio 2011
Tre giorni di musica con "Valli in rock"
montana del piambello, ha organizzato la prima edizione di “Valli in rock”. L' evento si terrà al
campo sportivo di Cugliate Fabiasco il 29, 30 e 31 luglio con l' obiettivo di valorizzare e mettere in
luce i giovani artisti presenti nel luinese e nella zona a nord della provincia di Varese. Proprio per questo ogni serata vedrà la presenza di diverse band. Si parte alle 18 con l'apertivio accompagnato dal Dj set Hateparty, alle 22 sarà invece lo Ska degli Uniposka, i Greaser e per concludere il punk diTommi e Gli Onesti Cittadini.
Il giorno dopo la serata vede in programma il ritrovo di auto vintage e il concerto rockabilly live show dei"The Moggies". L'ultima sera, domenica 31 luglio, l'appuntamento è con i Trenincorsa con la loro miscela di folk e cantautorato italiano.
domenica 24 luglio 2011
L'ABBANDONO DI UN CANE
Mi scuso per l'assenza di una settimana ma la mia mancata partecipazione al raduno di Salbris che comincia martedi mi ha fatto perdere il buon umore :(
Vi posto un video da far girare e condividere
si intitola :
L' ABBANDONO DI UN CANE
sabato 9 luglio 2011
giovedì 30 giugno 2011
Jill Hennessy - "4 Small Hands"
per scoprire un'artista interessante. L'appuntamento è dunque venerdì 1 Luglio, alle ore 21, a Gallarate ,davanti al celebre Carù dischi .la partecipazione al concerto all'aperto è gratuito.
Info: 0331 792508 info@caru.com
mercoledì 29 giugno 2011
Nel ricordo di Tim Buckley

di Athos
Per tracciare un degno profilo, ho dovuto "saccheggiare" le opinioni di altri, per mia inadeguata conoscenza (un libro letto ed un disco ascoltato non sono sufficienti per presentarlo degnamente).
Spero almeno che il mio "taglia e cuci" induca a qualche approfondimento l'eventuale lettore.
Tim Buckley e` il cantante piu` geniale della storia della musica rock, e forse dell'intera storia della musica.
Fu il primo dei moderni singer-songwriter, il primo ad alterare completamente il modello inventato da Bob Dylan, e rimane uno dei più grandi di tutti i tempi; ma definirlo "cantautore" e` limitativo.
Buckley era poco interessato ai testi (che infatti faceva scrivere al suo collaboratore Larry Beckett). L'arte di Buckley era tutta musicale, ed era un'arte d'atmosfera. Buckley usava tecniche straordinarie sia di canto sia di arrangiamento per scolpire atmosfere quasi cosmiche. Con la psichedelia la musica aveva cominciato un viaggio verso mondi diversi da quello terreno di cui si era sempre occupata la musica folk. Buckley continuò quel viaggio fino alla fine, scoprendo mondi sempre più lontani e sempre più insoliti.
Il percorso esteriore di questo "viaggiatore delle stelle" (come si definì lui stesso) era in parallelo un percorso interiore, alla ricerca di se stesso. La sua musica fu sempre una musica di scavo psicologico, anche quando si riallacciava alla canzone d'attualità del Greenwich Movement.Purtroppo quel percorso si concluse in un cimitero.
Buckley fu in gran parte estraneo ai subbugli delle due capitali della musica giovanile, distrattamente partecipe della protesta umanitaria di New York e vagamente imparentato con gli hippies di San Francisco. Buckley era certamente figlio della stessa era (tanto che di droghe morirà), ma la sua fu sempre una carriera molto isolata.
Il "sound" era il cuore della sua musica, e per ottenere quel sound Buckley navigò lo spazio del jazz e delle tradizioni orientali, oltre a quello del folk e del rock.
Come Captain Beefheart e Frank Zappa, anche Buckley apparteneva a un concetto alternativo di musica, un concetto che a Los Angeles non si espresse però mai sotto forma di movimento politico.
Buckley esibì fin dall'inizio una purezza artistica piuttosto rara nel mondo della musica rock.
L'elemento più originale dei suoi dischi era il canto, inizialmente ispirato da Fred Neil, che Buckley continuò a raffinare per anni.
Le sue conquiste in questo campo sono degne della musica d'avanguardia e certamente del jazz. Il suo canto era davvero un altro strumento, più simile alla tromba e al sassofono del jazz che al baritono della musica pop.
Come ebbe a dire il suo collaboratore Lee Underwood, Buckley fu per il canto ciò che Hendrix fu per la chitarra.
Le acrobazie del virtuoso erano soltanto una parte della storia. Gli esperimenti sul canto servivano a Buckley per comporre una narrazione altamente psicologica, fatta di allucinazioni e voli, dialoghi e silenzi, confessioni e deliri. Il suo gioco intricatissimo di gemiti, urla, guaiti, vocali estatiche, sussurri nevrotici, sussulti isterici, quel modo di quasi piangere cantando costituivano un vocabolario e una grammatica di grande effetto.
Buckley cominciava le canzoni imbastendo un racconto, soppesando le parole, ma poi le parole perdevano significato e diventano semplice suono, e infine puro delirio. E, man mano che perdevano la loro qualità "terrena", diventavano anche la chiave per accedere a un "oltre", a un'altra dimensione, una dimensione di puro spirito.
Il canto non era che uno degli strumenti, comunque.
Buckley arrivò a impiegare un ensemble da camera (percussioni, tastiere, fiati) per i capolavori della maturità. Nella sua arte vocale confluivano lo spirutual, il gospel e le austere tecniche tibetane (forse la proposta più originale di fusione fra occidente e oriente), ma Buckley rielaborò le sue fonti fino a pervenire a uno stile unico e personale.
Il ritmo era altrettanto duttile, di volta in volta una pulsazione ossessiva che percuote la mente, oppure un lieve trepestio che guida il cuore nei suoi titanici sforzi, oppure un serrato "jazzato" che vibra senza pause colorando di una strana frenesia la fantasia sospesa ad altezze vertiginose, oppure ancora un gentile vento soul che si distende in dolci e impalpabili sottofondi naturali.
Dalla fusione fra tutti questi elementi rivoluzionari avevano origine canzoni che sono poesie malinconiche ambientate in un mondo devastato da una follia tanto fievole quanto immane.
Più che narrare Buckley si lanciava in deliri, in flussi di coscienza, in associazioni libere.
La narrazione si spegne e si riattizza, s'infiamma ed esplode, si placa e collassa, s'inalbera epica e s'affloscia moribonda. La sensazione e` davvero quella di un viaggio fra le stelle, ma e` anche quella di una seduta psicanalitica, di un viaggio dentro la coscienza squilibrata di un caso incurabile. La musica fotografa una psiche che si dibatte spasmodicamente in un torbido impasto di cupe emozioni primordiali, in bilico sul baratro del suicidio, e ogni tanto riaffiora, ancora dolorosamente viva, palpitante.
La colonna sonora di questo tormento interiore era uno splendido caos musicale.
Buckley aprì una nuova era per il canto d'autore, anche se all'epoca nessuno se ne accorse, neppure lui che si professò sempre figlio del rhythm and blues.
Da un lato le sue acrobazie canore coniarono un'arte onomatopeica modulata all'infinito. Dall'altro il suo genio naive architettò arrangiamenti sempre più complessi e "colti", esplorando rabdomanticamente filoni tanto diversi quali il free-jazz, la linea genealogica blues- spiritual- gospel- soul, la musica latino-americana, il primitivismo africano.
I capolavori di Buckley sono brani estesi che hanno poco in comune con la "canzone".
Lo svolgimento e` libero e non c'e` ritornello. La melodia viene smembrata e distorta, allungata in una struttura lenta e strisciante che e` l'equivalente di un sogno. "Lorca" e "Gypsy Woman " sono brani senza fine in cui Buckley spalanca le porte della percezione e irrompe in un vuoto siderale.
Il passo epico dei primi dischi diventa via via sempre piu` astratto. Il tono tragico, in sordina, rimarrà sempre lo stesso, ma si tingerà di colori sempre piu` grigi, sempre più depressi. L'incedere, a sua volta, diventerà sempre più convulso, istericamente conteso fra pause in cui tratteneva il fiato e rovesci febbrili di emozioni, come se il cantante fosse scosso da improvvise e atroci illuminazioni di un tremendo segreto o precipitasse a capofitto in abissali inferni esistenziali. La musica di Buckley inseguiva un'idea, non importa dove questa si spingesse. Spesso si limitava a precipitare, senza vedere il fondo, in un buio di pupille sbarrate e di mani protese, in un'orgia eterna di grida disperate e di lamenti raccapriccianti. Buckley vagava in quello spazio di infinito nulla alla ricerca forse, di un'idea che fosse anche di salvezza. La sua carriera fu un lungo incubo privato. Buckley passò la vita a inseguire i suoi fantasmi interiori in labirinti di suoni e per itinerari cosmici, ma si era perso fin dall'inizio, e ciò che fa grande la sua arte e` che non aveva speranza di ritrovarsi. Quello di Buckley fu un incubo durato una vita, l'incubo di un naufrago alla deriva, che verrà alla fine ucciso dall'orizzonte con cui discorreva giorno e notte.
Questo approccio onirico, visionario, allucinato alla musica era certamente imparentato con l'acid-rock californiano, scaturiva da una sottocultura della droga intesa come liberazione e catarsi; ma a quell'approccio propenso a sondare gli abissi della mente, Buckley aggiunse un elemento di introversione e introspezione che procedeva quasi in direzione opposta alle celebrazioni di estasi pubblica dell'acid-rock. Ciò non toglie che, assillato da un profondo malessere esistenziale, Buckley fosse un personaggio più universale di quanto volesse essere, ma per puro caso: Buckley era un menestrello paranoico del disagio esistenziale della sua generazione, un perdente emarginato nella società dei consumi, un missionario dell'anticonformismo intellettuale come lo erano stati i beatnik, succube e non protagonista della vita.
Buckley esprimeva l'insofferenza per i valori dell'"american way of life" nello stesso modo in cui l'avevano espressa i poeti beat e i pittori astratti.
Tim Buckley nacque a Washington nel 1947, crebbe a New York e si trasferì ancora bambino in California. Si formò nei locali folk di Los Angeles, mentre frequentava la high school insieme con l'apprendista poeta Larry Beckett e con l'apprendista bassista Jim Fielder.
A quindici anni suonava il banjo in un complesso folk, ma ammirava soprattutto la potenza vocale dei cantanti blues, la creatività del free-jazz e il potere espressivo di tanta world-music. Buckley, Beckett e Fielder formarono prima i Bohemians e poi gli Harlquin 3.
Esercitandosi a controllare il respiro e le corde vocali per ottenere la massima duttilità del canto (suo modello la grande Yma Sumac), Buckley scoprì la sua vera vocazione. Abbandonati gli studi e la moglie (frutto di una scappata dell'ultimo anno di high school), Buckley prese a esibirsi al "Troubadour", dove fece conoscenza con il chitarrista Lee Underwood.
Herb Cohen, il manager di Frank Zappa, lo scoperse che aveva appena diciotto anni, ma era già` un fenomeno, sia per la prodigiosa estensione vocale, sia per i diversi stili musicali che amalgamava nelle sue canzoni.
La sua personalità timida e sensibile, dolce e malinconica, schiva e modesta non si addiceva all'ambiente della musica rock. Buckley rimase sempre un ragazzo solitario. Scontava pero` l'isolamento con una massiccia dipendenza dalle droghe pesanti.
Buckley registrò il primo album, "Tim Buckley" , nell'arco di tre giorni nel 1966, (mentre nasceva suo figlio Jeff Buckley), circondato da uno stuolo di prestigiosi sessionmen reclutati da Cohen (Billy Mundi alla batteria, Van Dyke Parks alle tastiere, Jack Nitzsche per gli arrangiamenti d'archi, oltre a Underwood e Fielder).
Le canzoni sono tipiche dello stile dell'epoca, a metà strada fra Bob Dylan e la musica leggera. L'album si distingue dai tanti dell'epoca per un tono medio più fatalista e rassegnato.
La novità di maggior rilievo e` forse l'arrangiamento jazzato, e talvolta orchestrale.
Buckley ha 19 anni, e` incerto e titubante, soprattutto al cospetto dei più smaliziati collaboratori.
Gli riescono bene tenui bozzetti adolescenziali come "Valentine Melody" e "Song Of The Magician", ma la voce non ha modo di librarsi come "Song Slowly Song "lascia intuire.
Il secondo album," Goodbye And Hello "( 1967), fu ispirato "Blonde On Blonde" di Dylan, che Buckley, Fielder e Underwood passarono mesi ad ascoltare e imitare.
Ambizioso e pretenzioso come l'album di Dylan, l'album di Buckley non riesce a trovare lo stesso magico equilibrio, ma costituisce comunque un gigantesco balzo in avanti per l'autore.
Buckley, in particolare, riesce a meglio amalgamare gli strumenti (compresi percussioni e tastiere).
Forse anche per l'influenza del produttore di turno, che volle dare all'album un sound rinascimentale, Buckley ricorre a una strumentazione che ha del sontuoso per un folksinger.
Il talento versatile ed eccentrico di Buckley ha comunque modo di emergere pienamente in canzoni toccanti che oscillano fra il lirismo favolistico alla Leonard Cohen, le pose dylaniane di "Je Accuse", e uno spleen di fragile bellezza.
Questo disco e` una raccolta di poesie sull'individuo che si presenta inerme al cospetto della pazzia del mondo.
Buckley rivelò la sua immensa carica emotiva con "Happy Sad "(1968).
Da qui Buckley comincia a essere se stesso.
Al confronto di "Happy Sad", il successivo" Blue Afternoon "( 1969) e` meno album di gruppo e più album del cantante. La batteria prende il posto delle congas e l'ensemble e` più disciplinato (forse anche perché Buckley fece anche da produttore).
Il disco continua comunque la messa a punto di un folk-jazz comunicativo, raffinato e cesellato fino all'ultima nota. La forma canzone (il ritornello, il ritmo, i tre minuti, eccetera) non esiste più, ma al suo posto subentra una forma canzone d'autore che la rinnova senza indulgere in eccessivi sperimentalismi: il canto fluisce libero su un accompagnamento casuale fatto di punteggiature ritmiche e tocchi colorati. Le canzoni sono solitarie confessioni autobiografiche, sospese fra onirismo freudiano e trance psichedelica.
Dal folk-jazz si passa con "Lorca "( febbraio 1970) al "free-folk"."
Se gli album precedenti avevano comunque subito l'influenza dei collaboratori e/o del pubblico, "Lorca" e` un album scritto per se stesso.
Lasciati liberi Friedman e Miller, la strumentazione si arricchisce nella sezione delle tastiere. L'ensemble si compone ora di congas, chitarra, piano elettrico. Il sound e` scheletrico. L'assenza di un ritmo gli conferisce staticita` e imponenza, a immagine e somiglianza dell'eternità.
I brani, lunghi e tesi, labirinti sonori di infima depressione, sono percorsi da brividi stremanti, frutto di una tristezza che rovista baratri senza fondo; Buckley e` alla deriva in un coma cosciente. E` un pianto assoluto, senza ritorno.
"Starsailor "(novembre 1970), da molti considerato il suo capolavoro e uno dei massimi dischi di tutti i tempi, e` il punto d'arrivo della folk-jazz fusion di Tim Buckley. E` al tempo stesso il suo album più visionario, psicologico, astratto, psichedelico, pittorico e jazz.
Buckley e` ormai dotato di una perfetta padronanza di tutte le tonalita` della voce e mette a frutto la maturità raggiunta. Gli ingredienti principali del disco sono il jazz e la psichedelia, che gli conferiscono una carica di energia spasmodica, il coraggio necessario per compiere una traversata cosmica che e` in realtà una traversata della mente.
Buckley incise poi altri due dischi mediocri e scolastici di ottuso soul-rock, con tanto di coro e sezione d'archi.
"Sefronia "(1973) contiene ben poco degno di nota ,e" Look At The Fool"(1974) fa il verso al soul orchestrale di Al Green .
Tim Buckley mori` per overdose nell'estate del 1975 a Santa Monica.
Aveva 28 anni.
Lasciava un figlio che non l'aveva praticamente conosciuto, Jeff Buckley.
La critica rock non lo aveva apprezzato per nulla o lo aveva appena citato.
La "Encyclopedia", la "Storia" e l'"Album Guide" di Rolling Stone non gli dedicarono una sola riga, la "Penguin Encyclopedia" gli dedicò qualcheriga distratta.
"Starsailor "era stato recensito a pieni voti soltanto dalla rivista jazz "Downbeat" e (anni dopo) in Europa.
Postumi vedranno la luce diverse registrazioni di concerti dal vivo. Da evitare le antologie, che privilegiano quasi sempre gli album più banali.
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