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giovedì 21 giugno 2012

La "mitica" 600 miglia parte da Varese



Un giro turistico non competitivo per il Centro e Nord Italia a bordo di Fiat 600 d'epoca, per rinnovare la tradizione motoristica del nostro Paese e la passione per i motori d'epoca.
Questa è l'essenza della prima edizione della “600 Miglia”, organizzata dal
1° Club nazionale Fiat 600 di Besozzo, che ha ottenuto il patrocinio del Consiglio regionale della Lombardia, della Provincia di Varese, oltre che dei vari Comuni attraversati dalla manifestazione.
La partenza è fissata nel cortile d'onore di Villa Recalcati, sede della Provincia di Varese, la mattina di
mercoledì 27 giugno 2012, dove ritorneremo il 1° luglio per la premiazione dei partecipanti e delle autorità, dopo aver percorso 600 miglia, circa 960 chilometri, in giro per l'Italia, sempre a bordo delle nostre “mitiche” Fiat 600, nei vari modelli prodotti negli anni.

Il
1° Club nazionale Fiat 600 di Besozzo (Va), fondato nel 1990 ad Angera (Va), vanta attualmente circa 1500 soci, tutti possessori ed appassionati di auto o moto d'epoca, ovvero che abbiano raggiunto almeno i 20 anni di immatricolazione.
La “600 Miglia” è una nuova sfida per il sodalizio besozzese, dopo gli innumerevoli raduni organizzati su tutto il territorio nazionale, ma che solitamente si esaurivano nel corso della giornata.
Questa volta il tour durerà ben cinque giorni:"Siamo davvero orgogliosi di aver organizzato questa prestigiosa manifestazione che vorremmo diventasse un appuntamento fisso - dichiara Salvatore Torre, presidente del 1° Club nazionale Fiat 600 - il mito della Fiat 600 è intramontabile, perchè storicamente è stata l'auto simbolo del boom economico e della famiglia italiana. Ingiustamente considerata meno “famosa” o importante della “cugina” Fiat 500 ha avuto invece un ruolo sociale ed economico fondamentale per l'Italia. Con questa “600 Miglia” vogliamo renderle il giusto omaggio e farla conoscere anche alle giovani generazioni, che sempre più si stanno avvicinando al mondo delle auto d'epoca. Per i meno giovani invece sarà come fare un tuffo nel passato; non per latro, la Fiat 600 è soprannominata “la mitica”.
Le Fiat 600 besozzesi, per un totale di una quindicina di equipaggi, sfileranno lungo i centri storici e


Il percorso

Dopo la partenza dal cortile d'onore a Villa Recalcati la prima tappa intermedia sarà Lodi. Poi Brescello, provincia di Reggio Emilia, la famosa cittadina in cui Giovannino Guareschi ha ambientato le vicende di Peppone e don Camillo, due simboli italiani che il Club vuole omaggiare e ricordare.
Giovedì 28 giugno Marzabotto, in provincia di Bologna, quindi Montecatini Terme. Poi all'Abetone, quindiModena e Castelvetro.
Sabato 30 giugno partenza verso Castell'Arquato e domenica 1° luglio partenza verso Varese, con tappa intermedia a Grazzano Visconti (Pc), antico e grazioso borgo medievale. Nel pomeriggio arrivo a Varese e dopo una sfilata lungo le vie del centro città, conclusione della manifestazione a Villa Recalcati, dove nella sala dei convegni avrà luogo la cerimonia di premiazione dei partecipanti e delle autorità.
Per ulteriori informazioni: www.clubnazionalefiat600.it

giovedì 7 giugno 2012

All'asta il casco di Simoncelli: sarà battuto in Inghilterra

Paolo Simoncelli ha consegnato il casco ai 14 ragazzi del Vespa Club di Morciano che in sella a vespe d'epoca lo porteranno a Londra







Rimini, 5 giugno 2012 - Dalla Romagna all’Inghilterra in sella a 14 vespe d’epoca: si chiama “Road To London for Sic” il viaggio dedicato al mitico numero 58 organizzato da alcuni ragazzi del Vespa Club di Morciano di Romagna.
Paolo Simoncelli ha consegnato oggi ai 14 vespisti, amici del grande pilota, una riproduzione del casco di Sic, destinata ad essere battuto all’asta nell’ambito di Riders for Health, storica e consolidata iniziativa benefica organizzata assieme alla Dorna in occasione del Gran Premio d’Inghilterra a Silverstone in calendario a metà giugno.



La riproduzione - che porta la firma di Davide Degli Innocenti, racing designer che realizza per Drudi Performance tutti i prototipi destinati ad essere indossati dai grandi campioni della MotoGp - verrà consegnata a Carmelo Ezpeleta, Ceo della Dorna.

Parte del ricavato andrà a favore della Fondazione Marco Simoncelli attiva nel sostegno dei soggetti svantaggiati.

Oltre al casco andranno all’asta nella medesima occasione anche un ritratto del Sic e un esemplare della felpa disegnata da Aldo Drudi, grande amico di casa Simoncelli, per celebrare l’iniziativa.



Un’avventura lunga una settimana, in sella alle storiche Vespe per un totale di 1958 km suddivisi in sei tappe, quella che si apprestano a vivere gli amici del Sic, che intendono portare oltremanica il nome della Fondazione nata in omaggio e in ricordo di Marco.


"La MotoGP senza Sic e' come venire in Romagna e non mangiare la piadina! – dichiarano dal Vespa Club di Morciano di Romagna - Onoreremo con semplicità il nome di un ragazzo che con la sua autenticità ha fatto conoscere in tutto il mondo la genuinità romagnola che ci appartiene! Come vivremo questa avventura..? Non lo sappiamo ancora, ma una volta arrivati a destinazione urleremo a squarciagola ...Diobò che bello!!! E’ per noi quindi – concludono - motivo di orgoglio e di soddisfazione organizzare ed esportare in ambito internazionale questa iniziativa come contribuito concreto a sostegno della Fondazione e del suo encomiabile impegno umanitario avviato in memoria di Marco.”



La partenza della Road To London for Sic è fissata per l’8 di giugno dal Bar Joe di Morciano di Romagna, sede del Vespa Club. Per seguire in tempo reale l’iniziativa www.facebook.com/RoadToLondonForSic.

martedì 5 giugno 2012

per le strade del vino di Mendoza a bordo di una Citroen 2 cavalli -







Pubblicato da: Valentina M.
per http://www.travelblog.it




La mia Citroen 2 cavalli mi aspetta all’aeroporto dove, appena uscita, mi accoglie il meraviglioso profilo delle Ande ed un cielo il cui azzurro è intenso e profuma di bucato fresco. La mia destinazione è Mendoza città per lasciare la valigia, rinfrescarmi e cominciare subito il giro per le strade del vino. L’auto d’epoca che mi accompagnerà per tutto il fine settimana è un’avventura in sé. La prenotazione online è andata benissimo e ad aspettarmi agli arrivi c’è un simpatico ragazzo che in poche parole mi spiega i segreti di questo gioiello.

Ho sempre sognato poter provare questa auto tanto evocativa di un epoca.


L’idea della 2CV nacque nell’ottobre del 1935 … la vettura doveva avere queste caratteristiche: due posti a sedere, un consumo di tre litri di benzina ogni cento chilometri, portare 50 chili di patate o una damigiana di vino, una velocità massima di 60 km ora, percorrere strade accidentate, essere guidata da donne neopatentate e … portare sul retro un paniere d’uova senza romperle… al Salone dell’ottobre 1948, la 2CV, tra lo stupore e le ironie della stampa, vede la luce: ma nel 1951 il tempo di consegna era già di un anno e mezzo! …

Quando ancora queste auto circolavano, non avevo l’età per guidarle, quando mi è arrivata la patente, già erano auto d’epoca, piacere solo per quei pochi che ne possedevano una. La mamma del mio fidanzatino della prima elementare ne aveva una arancione e la prima mezz’ora di viaggio verso l’albergo mi invadono ricordi sepolti di un tempo lontanissimo. Così mi immergo nella mia infanzia mentre un comodo navigatore mi guida verso il centro città. Il percorso che ho scelto è relativamente comodo: Maipù è la prima zona di cantine che si incontra uscendo da Mendoza a circa 6 chilometri e Lujan de Cuyo a una ventina di chilometri. Voglio godermi la guida, il tettuccio aperto il sole ed il vento tra i capelli.

Scelto l’obiettivo, prendo confidenza con la geografia del posto e mi accorgo che, guardando le montagne, è molto facile orientarsi. Spengo il navigatore e mi addentro nelle stradine di campagna, quelle strade secondarie che un computer non ti selezionerà mai perché manca di intelligenza sensoriale! Senza soluzione di continuità si avverte l’avvicinarsi delle cantine per l’intenso odore di mosto e damigiana umida. Chi, come me, è cresciuto in una regione vinicola, sa di cosa parlo. I colori dell’autunno mi accompagnano; la vendemmia con le sue frenetiche attività e feste è finita da un po’, si respira la sonnacchiosa attività di chi aspetta lo sviluppo in botte del vino nuovo.

Decido di visitare due delle cantine tradizionali dell’Argentina, Luigi Bosca e Norton e, sulla strada, ritorno a vedere una cantina il cui vino è stato tra i primi sapori che ho conosciuto in Argentina, Weinert. Delle cantine che visito però, una mi resta nel cuore. Non è l’effetto della degustazione quanto la presenza dei proprietari e dell’enologo che travolgono letteralmente i miei sensi. Infatti, non è comune che siano i proprietari a ricevere i turisti, meno l’enologo! Invece Giuseppe, un veneto che lavora tra Mendoza e l’Italia, mi racconta e si racconta attraverso il carattere dei suoi bianchi. Come molti emigranti, anche lui cerca di ricreare sapori e sensazioni conosciute. Mendoza è tutta così, il sogno degli emigranti di ritrovare una parte delle proprie origini attraverso il gusto del vino.

L’esperienza da Caelum (questo il nome della cantina dove lavora Giuseppe) è intensa. Dopo l’assaggio dei tradizionali Cabernet, Malbec etc. Giuseppe mi porta in cantina e mi fa provare i vini recentemente posti in damigiana. Mi faccio nuovamente sopraffare dai ricordi: una porta di legno cigolante e la cucina scura di Remigio, il contadino vicino di casa. Le damigiane stavano in uno sgabuzzino in una zona lontana e fresca ma l’odore inconfondibile impregnava tutto, anche i vestiti di Remigio. Il vino si beveva dalla botte, non io che ero piccola ma i grandi. Ringrazio emozionata queste persone che, come allora, si dedicano anima e corpo e dalla terra traggono soddisfazione, energia e proiezione verso il futuro.

Mi abbandono alla guida, il sole al tramonto, una cassa di vino nel baule e la speranza di tornare presto tra questi vigneti dove, ogni anno, nascono gioielli nascosti, piccole produzioni artigianali, vini che vincono premi a livello internazionale e spesso sono prodotti con l’obiettivo di essere esportati più che venduti al mercato locale. A Mendoza non si può non venire, ogni volta che ritorno, ne sono sempre più convinta.

Informazioni utili.

Per organizzare un viaggio a Mendoza, io raccomando Aerolineas Argentinas anche se l’andato o il ritorno si può fare in comodi pullman che viaggiano di notte (per risparmiare tempo e denaro). Per dormire in città, potete scegliere un’opzione elegante ad un prezzo ragionevole (B&B Italia) altrimenti potete dormire in campagna, nella zona di Chacras de Corias. Io non ho provato ma mi hanno raccomandato la Posada Borravino e la Finca Adalgisa, tutti piccoli hotel di charme raggiungibili in auto e vicini alle cantine di Lujan de Cuyo. Se volete provare e scoprire qualche vino particolare, le domeniche alla sera, l’agenzia Amapola organizza winelounge, una serata di degustazione di vini poco conosciuti. Tutti i consigli, i posti, incluse le cantine che ho menzionato in questo e nel precedente post si devono prenotare, se non avete molta familiarità con lo spagnolo ma parlate inglese, nessun problema, altrimenti prenotate già dall’Italia. Le indicazioni (contatti e telefoni) di molte cantine le trovate su TripAdvisor.


venerdì 21 ottobre 2011

Cimento autunnale 2 cv da Exilles al colle Sommeiller









Anche quest’anno il Cimento Autunnale si propone in tre “misure”:

Cimento Small: gita in giornata da Bardonecchia al Colle Sommeiller; appuntamento alle 9 di domenica 23 Ottobre nel piazzale della stazione di Bardonecchia.

Cimento Medium: per chi ha un po’ più di tempo e vuole godere della nostra compagnia e dell’ospitalità del Rifugio Terzo Alpini (www.terzoalpini.com - tel 0122 901146); ritrovo entro le 19 del sabato direttamente al Rifugio (si cena alle 19,30).

Cimento Large: per chi ha voglia di “cimentarsi” davvero, non su difficoltà estreme, ma nel piacere di attraversare lande desolate su strade non proprio confortevoli; appuntamento a Exilles (TO), in Val di Susa, alle 10 del sabato, quindi risalita verso il Forte Pramand e poi, attraverso la Galleria dei Saraceni, salita al Forte Jafferau e conseguente discesa a Savoulx e quindi raggiungimento del Rifugio Terzo Alpini entro le 19.

Chiaramente la versione Large sarà condizionata dalle condizioni meteo, non solo di quei giorni, ma delle settimane precedenti, perché se l’inverno arriverà in anticipo e sopra ai 2000 metri ci sarà già parecchia neve, difficilmente si riuscirà a raggiungere il Forte Jafferau (che si trova a 2775 metri).

Sabato pranzo al sacco e cena al rifugio (ottima e abbondante) e domenica pranzo al sacco in condivisione.

L’appuntamento del sabato mattina è esattamente nel parcheggio della Osteria degli Archibugi(0122 58199) che si trova davanti al forte di Exilles, proprio lungo la statale, ma con accesso separato dal parcheggio del forte.

Invece, il Rifugio Terzo Alpini si trova a qualche chilometro da Bardonecchia verso la Francia, anzi proprio in Francia, perché si passa il confine per qualche chilometro, addentrandosi nella Valle Stretta (Vallée Etroite).
La strada è stata asfaltata interamente, ma con delle trappole micidiali: dove vedete il cartello del dosso, si trovano in effetti dei fossi profondi mezzo metro che, se presi a velocità sostenuta,possono causare gravi danni alle Citroen storiche!!
In fondo alla strada si arriva ad un parcheggio e ad un cartello di divieto di transito, ma l’accesso è consentito agli ospiti del rifugio, pertanto possiamo proseguire per un altro centinaio di metri, facendo attenzione però a non andare all’altro rifugio (I Re Magi) che si trova tra le case. Il rifugio che ci ospiterà si trova al di sopra della frazioncina, un po’ isolato.

Per quanto raggiungibile in macchina, si tratta di un vero e proprio rifugio, con gli interni in legno, la stufa, il cane pastore, ecc.. ecc.. Il vantaggio è che è aperto tutto l’anno, ha il riscaldamento, si mangia molto bene e sono simpatici e contenti di ospitarci.
Ovviamente in cambio vogliono dei soldini, cioè 35 euro a testa per la mezza pensione.
Per chi volesse risparmiare, è possibile fare solo la cena o solo il pernottamento ed evitare anche la colazione… I più avventurosi possono anche, come si conviene, dormire in macchina o in tenda fuori dal rifugio, in apposito prato, anche se ad ottobre dipenderà molto dalle condizioni meteorologiche !!

Per chi non vuole esagerare col Cimento Large, sabato ci si trova al rifugio. Non c’è orario, si arriva all’ora che si vuole (ma entro le 19) e chi vuole salire già il venerdì, si metta d’accordo coi gestori del rifugio (riferimenti sul sito di cui sopra), così come chiunque decida di partecipare, dovrà per tempo prenotare camera e/o cena direttamente al Rifugio, via mail o telefono.

Di conseguenza, quando avrete deciso se partecipare, prima di tutto mi avvisate(cbaz2cv@hotmail.com o 349/8400754) e ci si mette bene d’accordo sui dettagli, poi chiamate direttamente il rifugio per prenotare quello che vi serve.
Attenzione che al rifugio non funzionano i cellulari, perciò avvisatemi prima di quel sabato.

Al mattino della domenica, la colazione verrà servita alle 8, quindi si scenderà dal rifugio verso Bardonecchia per ritrovarsi in Piazza della Stazione con chi eventualmente volesse raggiungerci e non può arrivare prima.
L’appuntamento è alle 9 e la partenza per il Colle Sommeiller alle 9,30.
Chi arriva più tardi … non ci trova e ci dovrà rincorrere !!

Dalla stazione di Bardonecchia si partirà verso Rochemolles e poi si proseguirà … fin dove si potrà, sperando nel bel tempo.
Ovviamente, domenica si pranza al sacco dove si può, perciò portate da mangiare e da bere.

sabato 17 settembre 2011

Una porta verso il paradiso

Mi sento di segnalare il camping Lago di Dobbiaco (CAMPING TOBLACHER SEE) per la stupenda organizzazione, la meravigliosa posizione e per la superba ristorazione.
Vi invito a farvi visita nei vostri tour e non ve ne pentirete.. dal campeggio si snodano diverse camminate sia intorno al lago che in altre direzioni. Una di queste lunga 30 Km vi porta fino a Cortina.
Un altro appunto positivo va fatto sui servizi igienici.. bé io in tanti anni di camping non ho mai visto nulla del genere..
Complimenti!!!
Ringrazio anche i validi aiutanti che mi hanno aiutato a tirare fuori la Bianchina finita con l'anteriore destra in un canale di scolo :)





Un piccolo appunto ...ma anche un ringraziamento..

Intendo sottolineare una situazione inaccettabile per un camping a **** stelle.
Il camping in questione e il Camping Eden di San Felice del Benaco .
Premetto che il camping è ben fatto i bungalow sono eccezionali ed i servizi al di sopra delle aspettative.
Il punto è che non sono stato avvisato alla reception (sportello ext) che il camping non accetta bancomat e carte di credito (Un **** Stelle ?!?!) Il cartello esiste in un angolino all'interno dell'ufficio  e cioè invisibile a chi arriva interfacciandosi con lo sportello ext.  Insomma un cartello del genere andrebbe affisso a caratteri cubitali all'ext.dell'ufficio.
Cosi mi sono ritrovato al momento della partenza (entrando per la 1a volta all'internodell'ufficio e accorgendomi finalmente del cartello) a dover andare fino a Salò (mica 2 passi) per cercare un cavolo di Bancomat e  lasciando la macchina in sosta vietata, vista la totale assenza di parcheggi nella zona.(ci mancava la multa)
Sono troppo bravo!!!! avrei dovuto partire fregandomene...
Pensare che al bar - ristorante del medesimo campeggio bancomat e carte di credito le prendono..


Ora arriviamo ai ringraziamenti: 
Ringrazio le ragazze del bar - ristorante per i sorrisi ,la gentilezza e cortesia (In particolare una ragazza orientale con un sorriso e una delicatezza da far perdere la testa♥ anche a un tipo "rude" come me)
Inoltre ringrazio la gentilissima e simpatica ragazza dello spaccio. Sei fortissima!!! :)


Concludendo: Se non fosse stato per il fatto del Bancomat, sarebbe stato un soggiorno totalmente  positivo.
Bastava avvisare al momento dell'arrivo...





Un ringraziamento particolare...

Un ringraziamento particolare va al Campeggio San Bartolomeo di Muggia (Ts) per avermi affittato una roulotte
al prezzo di un posto tenda, dopo che mi sono fatto male al ginocchio destro su alle trincee di Monte Piana.
Si ringrazia inoltre tutto lo staff del Camping e i gestori del bar - ristorante,  per la simpatia e cortesia dimostrata...quasi a casa! 
I LOVE TRIESTE - I LOVE MUGGIA ♥♥♥♥♥♥♥

Sono Tornato..sic!

Eccomi di ritorno da questo fantastico viaggio
dove mi sono divertito con la bianchina tra
alpi,passi e strade bellissime.
Ho conosciuto tanta gente che mi è 
stata amica anche solo per un giorno..
La Bianchina ha suscitato simpatia ovunque :)

Qui sotto alcune foto, il resto
Qui :


Laglio (co)


Passo dello stelvio


Il salsicciaio del passo dello Stelvio :)


Passo del Giovo


Camping Zum Vahrner see presso fortezza



Dobbiaco


Diga del Vajont


La bianchina al lago di misurina


Al museo della guerra


Lago di Braies


Camping Lago di Dobbiaco.. UNA MERAVIGLIA!!!!! consigliatissimo.


Lago di Dobbiaco


Pare mi stia divertendo :)


Prosit


Passo monte croce di Comelico


Redipuglia : Quanti poveri ragazzi morti


La Bianchina Triestina


Foiba di Basovizza


Risiera di San Sabba


Bianchina Slovena


Veleggia sul lago di garda


Una pizza a Laveno....quasi a casa :(

lunedì 15 agosto 2011

giovedì 30 giugno 2011

Le due cavalli in arrivo al piazzale Michelangelo



Lunedì 04 luglio
alle ore 14 un’ondata di 2CV invaderà Firenze, ed in particolare Piazzale Michelangelo: a bordo 40 studenti – divisi in 9 squadre - selezionati dalle più importanti università francesi: HEC, Sciences Po Paris, EM Lyon, Mines Paris Tech, Mines d St-Etienne, Supaéro, Télécom ParisTech, ESTP e Arts &Métier ParisTech, che saranno protagonisti di un’avventura fuori dal comune: la terza edizione del Stratgorg Challenge, l’appuntamento dell’Europa sulla 2CV.

Partite il 30 giugno da Parigi, le 2CV approderanno a Firenze (4 luglio ore 14 a Piazzale Michelangelo) per proseguire per Pescara (5 luglio), Bari (6 luglio) ed inbarcarsi alla volta della Grecia.
Un’avventura umana ricca di scoperte che durerà un mese, durante il quale gli studenti solcheranno le strade europee a bordo delle mitiche 2CV, in un tragitto di 7000 km in cui il convoglio attraverserà ben 12 paesi dai paesaggi diversificati e vari: dalla Francia all’Ucraina passando da Svizzera, Italia, Grecia e molte altre nazioni!!! Tutti hanno sentito parlare di Venezia e Firenze, ma chi sa dire qual’è la capitale della Moldavia, che lingua si parla a Cluj-Napoca o ancora cercare un garage Citroen in Bulgaria? Una sola parola d’ordine: incontro di culture!

Un’avventura non solo turistica ma anche intellettuale che sarà seguita da dei consulenti: per le 9 squadre questo avvenimento non è solo un’opportunità per esplorare l’Europa accompagnati e sponsorizzati, ma anche per condurre una riflessione, con l’aiuto di un consulente di Stratorg, su problematiche locali d’ordine sociale. Un’occasione ideale per questi potenziali futuri manager per coltivare la loro apertura mentale. Il tema prescelto per la tappa fiorentina sarà: « Nell’era della globalizzazione e della travolgente ascesa del tessile cinese, qual è il futuro per l’industria tessile toscana? ».

Un’avventura anche virtuale: durante il viaggio infatti questi giovani esoploratori condivideranno le loro peripezie sul blog dell’evento con migliaia di altri studenti, che potranno essi stessi scoprire l’Europa grazie ad un gioco on line: una caccia al tesoro virtuale. L’anno scorso il Stratgorg Challenge ha mobilitato più di 3000 persone attorno alle squadre partecipanti.

venerdì 29 aprile 2011

Amarcord del giro del mondo in Ducati

Danilo Caracciolo e Roberto Montanari stanno girando un docufilm sul viaggio compiuto dai due bolognesi nel 1957

di EMANUELA GIAMPAOLI





Nel 1957 l'allora Unione sovietica lanciava lo Sputnik nello spazio, il sommergibile Nautilus superava la calotta polare artica, la Fiat immetteva sul mercato la prima 500. In quello stesso anno a Bologna, il 30 settembre, con la benedizione del cardinal Lercaro, i venticinquenni Giorgio Monetti e Leopoldo Tartarini partivano per il giro del mondo in sella a due Ducati 175.
Fecero ritorno un anno dopo, lasciandosi alle spalle cinque Continenti, 35 Paesi e quattro rivoluzioni. Un'impresa, già narrata da Giuliano Musi nel libro "Il giro del mondo di Tartarini e Monetti", che ora, grazie alla coppia di documentaristi Danilo Caracciolo e Roberto Montanari e alla produttrice Giusi Santoro di POPCult, diventerà un docufilm.

"L'idea - svela Roberto Montanari - è nata durante le lavorazioni di un'altra pellicola, quella di 'L'uomo che verrà' di Giorgio Diritti. Io, regista, ero lì in veste di papà, accompagnavo mia figlia sul set (Greta Zuccheri Montanari è la bravissima bambina protagonista della pellicola ndr), Monetti era stato ingaggiato come maestro di dialetto di tutto il cast. Mi ha raccontato dell'incredibile intrapresa e così siamo partiti, a nostra volta, per il doc".

L'epica avventura fu in realtà una trovata pubblicitaria della Ducati per promuovere il marchio in tutto il globo e costruire una rete di concessionari.

"Fu Giuseppe Montano, direttore della casa motoristica - spiega Caracciolo - a proporre l'operazione a Tartarini, ex pilota infortunato, dicendogli di trovarsi un compagno di viaggio. Dopo una serie di rifiuti, questo incassò l'ok di un quasi sconosciuto Monetti, reclutato all'allora bar Nazionale di piazza Ravegnana. Due tipi che più diversi non potevano essere".
Insieme percorsero 100mila chilometri, dall'Europa al Medio ed Estremo Oriente, dalla Nuova Zelanda (dove Monetti trovò anche moglie) alle foreste dell'Amazzonia alle vette delle Ande e all'Africa Sahariana. Rischiando la vita in diverse occasioni, tra colpi di stato e strade impraticabili, finendo pure in carcere, perdendosi spesso e incontrando popolazioni a cui dovevano sembrare due extraterrestri che però mai furono ostili. Il tutto con in tasca una mappa tascabile del pianeta, una macchina fotografica e soprattutto una cinepresa 16mm. "A scopo pubblicitario vennero dotati di una Bolex Paillard 16 mm - continuano i documentaristi - con cui hanno girato un'ora e mezza di filmati, per la maggior parte inediti, lasciandoci una testimonianza straordinaria di un mondo perduto che inseriremo nel doc".

Il resto sarà affidato ai ricordi degli stessi Tartarini e Monetti ma non solo. "Non vogliamo focalizzarci esclusivamente sull'indubbia eccezionalità dell'evento - osserva Santoro - ma fissare lo sguardo su questa "strana coppia", sulla loro diversità e complementarietà, sullo spirito con cui hanno affrontato la strada. Su quella incoscienza propria della giovinezza. E soprattutto, dopo mezzo secolo, vorremmo riportarli a cavalcare le vecchie moto. Abbiamo recuperato i due bolidi dal museo della Fondazione Cervellati a Budrio e uno è attualmente in riparazione dallo stesso Monetti. Appena sarà pronto, gireremo il finale. Con i due "ragazzi" di ottant'anni di nuovo in viaggio".

giovedì 3 febbraio 2011

Il Viaggio : avventure d'altri tempi


di Renzino Fiori
Si era svegliato all’improvviso, in quella stanza che non gli ricordava nulla. I raggi del sole erano penetrati dalla finestra illuminando il suo viso, interrompendo un sonno ristoratore che andava avanti dalla sera precedente. Aveva dormito profondamente, come gli era capitato di rado, come se di colpo si fosse iterrotta la corrente che animava il suo vivere quotidiano. Le sensazioni, le ansie, i piccoli pensieri che lo accompagnavano in certe notti che non finivano mai, si erano sciolti, cancellati da un vuoto profondo e rigeneratore. 


La mente era sgombra nel totale silenzio che lo circondava, nonostante quel torpore avvolgente che ancora lo invadeva e gli faceva tirare le lenzuola su di sé. Scostò il capo di lato per portarsi fuori dal fascio di luce diretta e potere vedere all’esterno. 

Vedere fuori di sé, fuori, nelle sconfinate praterie della mente, dove spesso si trovava a percorrere viaggi avventurosi e malinconici. Socchiuse un poco le palpebre per vincere l’intensità della luce.

Dalle tendine color rosa si intravedeva la sagoma di un monte che si ergeva sopra i tetti delle case, una grande macchia verde che dall’alto dominava maestosa. Seppure in ombra, si distinguevano le prominenti chiome di castagni e di ciliegi selvatici che degradavano verso il paese. Una teleferica artigianale, che si calava a picco verso il basso fra le fronde degli alberi, stava trasportando piccoli bidoni di metallo che scivolavano lentamente, sparendo poi alla vista.

Riccardo si mise a sedere sul letto. Nella specchiera appoggiata sul comò tardo liberty posta di fronte vedeva la sua immagine riflessa, un giovane viso assonnato sotto un’abbondante chioma biondiccia e spettinata. Che cosa ci faceva lì? Forse si era voluto mettere alla prova, lui che fino allora era sempre vissuto a rimorchio di altri, che non aveva mai rischiato niente di suo. Una piccola avventura o una grande avventura, secondo i punti di vista, sicuramente qualcosa di diverso. 

La stanza era bassa ma accogliente, arredata in modo semplice, un lavabo di marmo grigio dai contorni smussati era posto vicino a una piccola comoda dall’età indefinita. Da una delle travi di legno del soffitto un ragno tesseva la tela, si faceva dondolare come un acrobata, abbassandosi verso il letto, per poi risalire velocemente. 

Si ricordò di essere in uno dei due piccoli alberghi del paese di Vetto, sull’appennino reggiano, dove aveva trovato alloggio la sera prima, proveniente da Milano.


Il rumore di uno sciacquone gli rammentò la presenza di altra gente che si stava alzando, anche se lui non aveva proprio voglia di muoversi. Tese l’orecchio, un mormorio festoso che proveniva dalla strada sottostante mascherava il cinguettio dei passeri che saltellavano sul tetto di fronte. 

Il viaggio sul servizio pubblico non era stato dei più comodi su quella grande Fiat carica all’inverosimile di persone, di valige e cartoni piazzati su un portapacchi gigante. L’autista era stato però molto cordiale, sotto quel berretto a visiera che non si toglieva mai. Era una persona dall’aspetto bonario, con un paio di baffetti che ornavano un viso tondo, che lasciava trasparire una certa età e un carattere allegro e tranquillo. Nulla sembrava distoglierlo dal suo fare calmo e pacato e dalle sue certezze. Era appena giunto dal paese, una spola che faceva tutte le settimane, a supporto dei tanti conterranei presenti in città per lavoro. Fungeva anche da corriere, trasportando i prodotti della sua terra, col parmigiano reggiano e i salumi viaggiavano anche tante novità e pure un poco di nostalgia.

Sarebbe ora ripartito con quel carico di umanità, di bagagli e di sensazioni, per un altro ritorno verso casa.

Il viaggio era iniziato nella tarda mattinata da Corso Sempione, nel traffico caotico della città, fra rumori di clacson e di automobili che rombavano veloci al verde del semaforo. Avevano proceduto lentamente, facendosi spesso di lato, incoraggiando i sorpassi per intralciare il meno possibile. Lo scampanellare di un tram che chiedeva strada aveva poi fatto comprendere a Riccardo che il viaggio, vista la velocità di marcia, non sarebbe stato di breve durata.

Alti palazzi dalle vetrine colme di mercanzia scorrevano davanti ai suoi occhi in tutta la loro imponenza, fra viali alberati che ogni tanto diffondevano il profumo dei tigli e della bella stagione. Il saluto di un mondo frenetico che stavano lasciando alle spalle, così grande e caotico, ma pieno di opportunità. “VOTA PARTITO SOCIALISTA ITALIANO”, stava scritto sopra a grandi manifesti che sparivano veloci.

Fuori città si erano trovati subito sulla via Emilia, dietro ad un camion dal cassone coperto da un telone cerato carico di cassette vuote di frutta. La strada diritta si infilava fra caseggiati grigi e fumosi pieni di gente indaffarata, costeggiava alte costruzioni colorate che stavano sorgendo per annunciare forse l’arrivo di un’epoca nuova.


Andrea, così si chiamava l’autista, aveva cominciato a raccontare, con dovizia di particolari, un episodio divertente e un po’ boccaccesco che aveva causato un certo scalpore in paese, una storia di finestre scavalcate e di pantaloni strappati dal filo spinato, nel buio della notte. Aveva poi estratto dal taschino un biglietto piegato con cura, il testo della relativa satira che buontemponi avevano nottetempo diffuso. Lo porse a Riccardo. “Leggi un po’ qua, ma guardate che cosa hanno scritto!” Per fortuna che si trattava di un italiano maccheronico e non dialettale, facile da esternare. Una sottile e calda ilarità si era diffusa all’interno dell’abitacolo, mentre l’automobile rollava sugli avvallamenti del terreno come un antico veliero. Il traffico era aumentato.


Ci fu l’occasione per una prima sosta dopo Lodi, una fermata strategica, “per spendere acqua” e per uno spuntino. Erano entrati in un una vecchia osteria lungo la strada, un ambiente familiare dai muri anneriti, dai tavoli e dal bancone di formica verde. Avevano ordinato salame rosa e gongorzola. La comitiva, oltre loro due, era formata da una donna anziana e da due signore grassottelle di mezza età che dovevano tenere a bada due bambini che sul sedile posteriore dell’auto fino allora avevano fatto il finimondo, nonostante le reprimende continue. Era un’allegra comitiva, uno schiamazzo festoso che rimbombava nel locale dalle finestre ad arco consunte dal tempo.

L’oste aveva salutato Andrea come sempre, come faceva tutte le settimane da diversi anni, durante questa fermata quasi rituale. Erano stati compagni d’arme durante la guerra, ma preferivano parlare d’altro, di traffico, del tempo e di buon vino. “Senti un po’ questo, viene da Broni, dal podere di mio cugino!”


Dopo un pasto veloce si ritrovarono di nuovo tutti in vettura. La bonarda aveva lasciato un segno evidente sugli angoli della bocca di uno dei due pargoli, due baffetti alla Salvator Dalì che avevano provocato una fragorosa risata. 

Avevano ripreso il cammino lungo quella strada della pianura padana che portava verso Vetto, in quella giornata di giugno della metà degli anni sessanta. La calura si faceva sentire mentre l’automobile procedeva lentamente, quasi a fatica, sorpassata da veicoli che sfrecciavano vicini per poi svanire nel nulla.

Riccardo stava pensando al tempo dei lunghi viaggi sulla diligenza trainata dai cavalli, quando la stanchezza e il senso dell’avventura andavano di pari passo e le distanze sembravano infinite. Si lasciava cullare dal ronzio del motore e si sarebbe volentieri assopito. 


Ma furono sul ponte del Po, sul grande fiume che scorreva placido nella sua immensità, una bellezza chiara e trasparente che incuteva un poco di paura. Sulle sue sponde si intravedevano giovani bagnanti che affondavano i piedi nell’acqua, all’ombra di pioppi verdeggianti sulla rena fine trasportata dalle piene primaverili. Si fermarono per rimirare da vicino questa meraviglia della natura. “GELATI ELDORADO” riportava il chiosco posto sulla golena, era circondato da giovani in costume e rimirato dall’alto con invidia dai bambini scesi dall’automobile. 


Il viaggio era ripreso sul territorio emiliano, dominato dalla vasta campagna che si perdeva alla vista lungo quel nastro d’asfalto che la squarciava a metà, fra case, campi di grano, paesi e prati infiniti.


Fiorenzuola e poi Fidenza, il bivio per Fontanellato con la sua Madonna e gli aneddoti di Andrea. Si fermarono a Parma per il rifornimento di carburante e una rifocillata, mentre qualcuno già sentiva aria di casa. “Ste un po bun, ragaset, chi sem quasi arivaa!“ sbottò Andrea in dialetto Vettese. Era ormai un’impresa ardua trattenerli in quella gabbia di ferro,non bastava più dondolarli sulle ginocchia fra una filastrocca e l’altra. ”La Marièta dal Burcal la gà un bus in t’al grumbiàl, l’ag n’à iun, du, tri, quatre, l’ag n’à iun cà fà miràcle…” 



L’aria fresca del fiume Enza sul ponte di San Polo fece uscire Riccardo dal torpore che lo aveva attanagliato fin dal primo pomeriggio. Era quasi il tramonto, il sole illuminava ancora i castelli di Rossena e di Canossa che da sempre si ergevano a guardiani della valle, testimoni di antichi splendori, mentre a sud lassù in alto il monte Ventasso indicava il cammino verso l’arrivo.


La strada per un tratto aveva costeggiato il fiume, per poi cominciare a salire tortuosa e a strapiombo sui fianchi della montagna, lasciando solo alla vista più in basso un rigagnolo trasparente che scorreva solitario fra il biancore di sassi smerigliati e macchie di vimini. Ai lati alte file di acacie dai grappoli argentei diffondevano un intenso profumo che penetrava dal finestrino col turbinio dell’aria. Boschi, prati e ancora boschi, di quercia, di carpino, di castagno, fin dove la vista poteva vedere, un verde dalle tonalità diverse fra gli alti muri di sasso della scarpata che sorreggevano la montagna come giganti di pietra. 

Giunsero alla meta prima dell’ora di cena. Il paese era comparso all’improvviso, dopo una serie di curve a picco sull’Enza, un misto un po’ casuale di vecchie e nuove costruzioni ai lati della strada. Ad attenderli sulla piazza del municipio diverse persone, fra cui il suo amico Renato, coetaneo conosciuto l’anno precedente in piazza del Duomo. Che gli aveva parlato in termini entusiastici di Vetto, della bella estate piena di gente, tanto da convincerlo a questa avventura in campagna, in una nuova stagione tutta da vivere.

Riccardo era sceso dall’automobile un po’ frastornato, fra la concitazione dei presenti e lo smistamento delle valige. “Vedrai che non ti pentirai!”, aveva detto Renato salutandolo.