venerdì 29 aprile 2011

Amarcord del giro del mondo in Ducati

Danilo Caracciolo e Roberto Montanari stanno girando un docufilm sul viaggio compiuto dai due bolognesi nel 1957

di EMANUELA GIAMPAOLI





Nel 1957 l'allora Unione sovietica lanciava lo Sputnik nello spazio, il sommergibile Nautilus superava la calotta polare artica, la Fiat immetteva sul mercato la prima 500. In quello stesso anno a Bologna, il 30 settembre, con la benedizione del cardinal Lercaro, i venticinquenni Giorgio Monetti e Leopoldo Tartarini partivano per il giro del mondo in sella a due Ducati 175.
Fecero ritorno un anno dopo, lasciandosi alle spalle cinque Continenti, 35 Paesi e quattro rivoluzioni. Un'impresa, già narrata da Giuliano Musi nel libro "Il giro del mondo di Tartarini e Monetti", che ora, grazie alla coppia di documentaristi Danilo Caracciolo e Roberto Montanari e alla produttrice Giusi Santoro di POPCult, diventerà un docufilm.

"L'idea - svela Roberto Montanari - è nata durante le lavorazioni di un'altra pellicola, quella di 'L'uomo che verrà' di Giorgio Diritti. Io, regista, ero lì in veste di papà, accompagnavo mia figlia sul set (Greta Zuccheri Montanari è la bravissima bambina protagonista della pellicola ndr), Monetti era stato ingaggiato come maestro di dialetto di tutto il cast. Mi ha raccontato dell'incredibile intrapresa e così siamo partiti, a nostra volta, per il doc".

L'epica avventura fu in realtà una trovata pubblicitaria della Ducati per promuovere il marchio in tutto il globo e costruire una rete di concessionari.

"Fu Giuseppe Montano, direttore della casa motoristica - spiega Caracciolo - a proporre l'operazione a Tartarini, ex pilota infortunato, dicendogli di trovarsi un compagno di viaggio. Dopo una serie di rifiuti, questo incassò l'ok di un quasi sconosciuto Monetti, reclutato all'allora bar Nazionale di piazza Ravegnana. Due tipi che più diversi non potevano essere".
Insieme percorsero 100mila chilometri, dall'Europa al Medio ed Estremo Oriente, dalla Nuova Zelanda (dove Monetti trovò anche moglie) alle foreste dell'Amazzonia alle vette delle Ande e all'Africa Sahariana. Rischiando la vita in diverse occasioni, tra colpi di stato e strade impraticabili, finendo pure in carcere, perdendosi spesso e incontrando popolazioni a cui dovevano sembrare due extraterrestri che però mai furono ostili. Il tutto con in tasca una mappa tascabile del pianeta, una macchina fotografica e soprattutto una cinepresa 16mm. "A scopo pubblicitario vennero dotati di una Bolex Paillard 16 mm - continuano i documentaristi - con cui hanno girato un'ora e mezza di filmati, per la maggior parte inediti, lasciandoci una testimonianza straordinaria di un mondo perduto che inseriremo nel doc".

Il resto sarà affidato ai ricordi degli stessi Tartarini e Monetti ma non solo. "Non vogliamo focalizzarci esclusivamente sull'indubbia eccezionalità dell'evento - osserva Santoro - ma fissare lo sguardo su questa "strana coppia", sulla loro diversità e complementarietà, sullo spirito con cui hanno affrontato la strada. Su quella incoscienza propria della giovinezza. E soprattutto, dopo mezzo secolo, vorremmo riportarli a cavalcare le vecchie moto. Abbiamo recuperato i due bolidi dal museo della Fondazione Cervellati a Budrio e uno è attualmente in riparazione dallo stesso Monetti. Appena sarà pronto, gireremo il finale. Con i due "ragazzi" di ottant'anni di nuovo in viaggio".

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