domenica 14 agosto 2011

LA R4 COMPIE 50 ANNI

di Paolo Matteo Cozzi

Nata come auto tuttofare, capace di viaggiare sulle strade di città durante la settimana per trasferirsi nel week end sui fondi stradali di campagna, è diventata con gli anni il simbolo di una gioventù spensierata e pronta a godersi la vita






La R4 degli artigiani era bianca, o grigia. Era blu per la polizia, giallo acceso per la posta.Per tutti gli equipaggiamenti erano spartani e i colori semplici, magari un po' spenti. Come semplice era il suo design: due volumi per 4 sportelli, parabrezza piatto (assai meno costoso di quelli incurvati), un grande portellone per spalancarne il vano di carico. Insomma: niente fronzoli. Quando arriva, nei Sessanta, offre dell'auto un concetto nuovo: camaleontica, è la prima auto-strumento da lavoro adatta però tanto alla vita in città quanto alle fughe nei week end. Con la trazione anteriore, una novità assoluta per il marchio francese, e un motore semplificato, economico, - appena 747 centimetri cubi, 24 cavalli, tre rapporti al cambio - è a proprio agio sulle strade di Francia e di mezz'Europa. Non solo: la struttura rialzata da terra e il peso contenuto la rendono pure tanto versatile da poter affrontare senza incertezze anche il fuoristrada (soft). Prodotta fra il 1961 e il 1992, e venduta in oltre 8.150.000 unità, è divenuta un simbolo anticonformista per almeno tre generazioni di clienti, diversi e trasversali.

Se nei Sessanta l'auto deve essere uno strumento di lavoro dal lunedì al venerdì, per poi diventare il sabato e la domenica l'automobile per la famiglia che parte per il fine settimana, come si fa d'estate per le vacanze, R4 è la vettura ideale. L'aspetto troppo essenziale però la fa percepire con diffidenza, almeno all'inizio. In fondo è contemporanea di "pezzi" mitici: in Italia c'è la 500 di Dante Giacosa, nella Swinging London la Mini di Issigonis, in Germania il Maggiolino di Porsche. Persino in Francia l'avversario diretto è l'iconica 2Cv di Flaminio Bertoni (successivamente anche la Mehari). Il compito è arduo. Nel 1963 con la versione "Parisienne" l'utilitaria piace alle donne. È l'inizio di un successo travolgente: conquista tanto gli operi quanto le signore della Parigi "bene". La vettura popolare per antonomasia costa 350.000 franchi francesi (per i progettisti infatti era semplicemente "la 350"), e da lí in poi l'ascesa è inarrestabile. Come i blue jeans, è passata dal concetto utilitaristico a simbolo della gioventù. Renault ne propone quindi più versioni, in particolare una berlina popolare, un modello semi-commerciale, uno commerciale. Per rendere il modello versatile ha la carrozzeria composta solo da vano motore dall'insieme baule-abitacolo. Uno spazio unico dove l'abitabilità è addirittura in grado di evolvere in funzione delle esigenze, grazie alla panchetta posteriore ripiegata che trasforma l'auto da veicolo commerciale a versione familiare.

Il veicolo è solido e adatto a ogni fondo stradale, indistruttibile e caparbio. Ha sospensioni indipendenti a barra di torsione che offrono una grande ampiezza di oscillazione, consentendo di avanzare sia sullo sterrato che sulle strade statali. Indipendente come i movimenti studenteschi di quegli anni, abolisce i vincoli di manutenzione: olio e acqua non sono più un problema grazie alla messa a punto di un circuito di raffreddamento sigillato. Declinata in quattro modelli R3, R4, R4L, R4L Super Confort, si adatta a tutti gli ambienti e a tutti gli stili di vita. Auto globale, è costruita in 27 Paesi e venduta in oltre 100, e diventa l'auto icona di una gioventù curiosa e originale, hippy e spensierata che si ritrova nelle canzoni di Michel Fugain e del suo Big Bazar, sulle note di "C'est la fête". In 40 anni non cambia mai il look, tutt'al più si concede qualche lieve modifica, mai una rivoluzione. Eccezion fatta per un unico vezzo: la versione Bye Bye, un'edizione limitata a 1000 unità, che nei Novanta ne saluta l'uscita di scena.












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