domenica 20 marzo 2011

Lampo d’Ammonio: è la ragazzina del negozio di campagna



Trentaquattro anni dopo, quando ormai il tempo l’aveva declassata a scherzo dell’immaginazione, ho incredibilmente riascoltato quella canzone. Dunque, non era solo la fantasia di un bambino. Qualcuno l’aveva davvero scritta, cantata e mandata in onda su qualche radio libera ma libera veramente, giusto per citare un’altra canzone. Nessun miraggio di un cucciolo d’uomo troppo indaffarato con i Lego per mandare a mente il nome di chi cantava quel quarantacinquegiri da pronunciarsi rigorosamente vintage, per cui d’un fiato e tutto attaccato, magari gracchiando un po’.
A volte la realtà regala emozioni che neppure le fiabe offrono. Succede quando le sue risposte arrivano, non cercate, dopo averle attese una vita. Accade quando si presentano senza preavviso o artifici. E in quel momento bisogna fare attenzione: si deve avere la forza di cogliere e gustare l’istante nella sua interezza. Senza distrarsi. Perché sono momenti che non tornano.
Per questo ringrazio un piccolo negozio di cose usate nascosto nella campagna al confine fra Lombardia e Piemonte. Dentro c’era di tutto. Un tutto che riempie il cuore di chi vive vintage, ma che sembra un niente agli altri. E c’erano tre scaffali carichi di vecchi dischi. Rovistando, ho fatto avanti e indietro nel tempo che neppure H. G. Wells avrebbe saputo far meglio. Cercavo Umberto Tozzi, ho trovato un tizio che cantava Bambina. Ho pensato: bambina? 1977? Se c’è lui magari c’è quell’altro? Forse non me l’ero sognata... e così, dopo anni, mi è tornato in mente il ritornello: «Ragazzina, non sei più una bambina...». In fondo l’anno era quello. Ho cominciato a cercare e, sì, l’ho trovata. Ho scoperto che la cantava uno col cognome di un fertilizzante: D’Ammonio, Luca D’Ammonio. È stato a quel punto che ho inserito il rallentatore «degustativo». Volevo cullare il momento in cui avrei riascoltato il disco. Tornato a casa, ho atteso che tutti fossero a nanna, mi sono seduto sul tappeto e ho lasciato che il vecchio piatto della Technics, trentaquattro anni dopo, mi regalasse un’emozione.
In fondo è solo una canzonetta banalotta. Avrei potuto utilizzare Google e non attendere una vita. E poi? E la magia che solo la realtà, quando vuole, sa regalare? E la costruzione e cura del momento unico in cui avrei aperto il regalo? E poi, vogliamo mettere Google con la poesia di quella ragazzina che dopo tanti anni è venuta a cercarmi in un piccolo negozio di campagna?

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